Per mesi ci siamo dimenticati dei giovani e delle loro esigenze, lasciandoli chiusi in casa difronte ad uno schermo asettico, ora abbiamo concesso loro di tornare nelle aule scolastiche, ma li costringiamo a rispettare dei protocolli irragionevolmente restrittivi. Non solo, siamo l’unico Paese europeo a non aver adeguato l’età minima per l’obbligo dell’uso della mascherina a 12 anni invece che a 6, come da indicazioni dell’OMS e dell’UNICEF.
E rendiamo ogni giorno più difficile la vita scolastica, sociale e culturale dei nostri ragazzi.
Esistono evidenze scientifiche più che sufficienti a riesaminare alcune delle decisioni sin qui adottate al fine di conciliare l’esigenza di contenere il virus con quelle di socialità, cultura e apprendimento di ragazzi e bambini. Ma sembra che il Governo continui a non tenere conto degli studi epidemiologici pubblicati sulle più autorevoli riviste scientifiche. Queste mostrano che i giovani si ammalano meno della COVID-19, al contrario di quanto avviene per l’influenza, che il ruolo dei più giovani nella trasmissione di SARS-CoV-2 è limitato e che la riapertura delle scuole non è stata associata ad un significativo incremento della diffusione del virus.
Per questo ho presentato un’interrogazione ai Ministri Speranza e Azzolina per chiedere di rimodulare le misure introdotte nelle scuole sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, considerando una valutazione rigorosa del rapporto rischi/benefici.
Occuparci dei bambini significa occuparci del futuro e non è facendoli vivere in una dimensione di paura che potremo farlo in maniera efficace.